Il comandante d'Armata, di stanza ad Arsiè, era il generale Donato Etna. Tutto allo sbaraglio? Secondo il piano del maggiore, l'operazione sarebbe dovuta avvenire utilizzando truppe celeri con batterie autoportate e autoblindo dotate di mitragliatrici sulle retrovie. 17/09/2017. Marco Odorizzi, Direttore della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, storico e studioso del grande statista, nonché il prof. don Severino Vareschi, storico della Curia di Trento, a rappresentare la Chiesa. La bacheca è stata realizzata dagli alpini di Carzano, benedetta dal vicario generale don Marco Saiani che, insieme al parroco don Renzo Scaramelle, ha celebrato la Messa. Cesare Pettorelli Lalatta Finzi è autore di due libri di memorie: “Il sogno di Carzano“, Trieste 1927, che fu posto sotto sequestro dal regime fascista, tanto che le copie già stampate vennero distrutte. Secondo me non c'è stato né l'animo in chi doveva dirigere, né la risoluzione in chi doveva eseguire. Addirittura 44 mila soldati schierati dietro le linee. L'irripetibile occasione si presentò il 17 settembre 1917: Tutto era dalla nostra parte, nulla andò in porto. La pensava così anche l'Alto comando Austro-ungarico, che richiamò la quasi totalità delle truppe e delle artiglierie che aveva negli altipiani di Lavarone e di un po' in tutto il territorio, per trasferirle sul Carso. Ramorino, ferito, cadde nel Torrente Maso, affogando.Nella piazza di Carzano c'è il monumento ai bersaglieri del 72° caduti il 18 settembre 1917 per mano del fuoco amico La relazione ufficiale spiegò che la 7ª colonna perse la guida e si fermò a Spera anziché al torrente, l'8ª che doveva andare a Carzano andò a nord verso Caverna, la 9ª partì con un'ora di ritardo e si ritrovò coinvolta in una sparatoria e dopo, verso mattina, arrivò l'ordine di ritiro quando la 10ª si stava muovendo.I sogni muoiono all’alba. Esso fornisce una breve definizione di ogni concetto e le sue relazioni. La gloria su un piatto d'argento «Unisco piano nostra difesa, – diceva il messaggio. Quella che si consumò nel piccolo comune della Valsugana (37 giorni prima della Waterloo italiana) è una complessa vicenda che intreccia un inutile tradimento ed un altrettanto inutile operazione di spionaggio (una delle poche che riguardano il regio esercito) con ordini titubanti. Purtroppo l'azione fallì, non certo per colpa del Pettorelli Lalatta, ma perché mal condotta dai generali preposti alla sua realizzazione. Domenica 17 settembre, in occasione della commemorazione del Centenario, lo scoprimento e la benedizione della bacheca. L’argomento può essere approfondito grazie agli scritti degli stessi protagonisti: Cesare Pettorelli Lalatta Finzi è autore di due libri di memorie: “Il sogno di Carzano“, Trieste 1927, che fu posto sotto sequestro dal regime fascista, tanto che le copie già stampate vennero distrutte. Altrettanto laconico il bollettino ufficiale italiano del 20 settembre 1917: “In direzione di Carzano (Valsugana) un nostro reparto riusciva a spingersi oltre le linee nemiche del torrente Maso e a catturarvi circa 200 prigionieri”. 0461 766534, Veglia per la pace pregando con il Beato Carlo, Norme di autoregolamentazione per l’ Italia, Carlo I d’Austria – Carlo I d’Austria – Tra politica e santità, Sono la Signora di tutti i popoli. Esangue, disteso sulla barella, con la morte già negli occhi, egli mi sorrise: "Peccato - mormorò - ero così felice di essere venuto." In quella occasione, precisò il maggiore Pettorelli, sarebbe stato opportuno impiegare per la prima azione (quella di infiltrazione) delle truppe scelte, bersaglieri già esperti della zona e bene orientati sui compiti assegnati.Cadorna invitò quindi il generale Etna a leggere l'ordine di operazioni che aveva preparato. G. de Mozzi. Ma poi accadde che il grosso delle colonne italiane - 21 battaglioni e oltre cento pezzi di artiglieria - anziché percorrere la strada Strigno-Spera larga 4 metri, erano state avviate per un vecchio e stretto sentiero, parallelo alla strada. Il Col. Pirzio Biroli, che comandava i bersaglieri ciclisti, affermò in seguito che l'impresa era fallita per la cattiva preparazione e che, nonostante il notevole ritardo di tempo che si era accumulato, aveva invano domandato al generale Zincone, di andare avanti, ma questi non seppe prendere alcun provvedimento.In quella maldestra azione persero la vita 13 ufficiali e 896 soldati del Regio Esercito italiano; 10 ufficiali e 306 soldati dell'Imperial-Regio Esercito austro-ungarico. La storia di Pivko meriterebbe da sola un altro capitolo. Stava per delinearsi una "Caporetto austriaca" fu invece il titolo di un articolo del Corriere della Sera dell’agosto del 1954: "Un gruppo di ufficiali sloveni, croati e cechi si era offerto nel 1917 di aprirci un varco in un delicatissimo settore della Valsugana; ma il colpo non ebbe gli sperati sviluppi", si legge nel sommario. "Il nostro bel sogno è crollato - dissi facendomi forza - ma non è intaccata la certezza della vittoria finale. Infine il colpo di grazia lo fece il generale Etna che di sua iniziativa aveva fatto aprire il fuoco all’artiglieria. Altrettanto laconico il bollettino ufficiale italiano del 20 settembre 1917: “In direzione di Carzano (Valsugana) un nostro reparto riusciva a spingersi oltre le linee nemiche del torrente Maso e a catturarvi circa 200 prigionieri”. Il 12 luglio il SIM, Servizio Informazioni Militari del Regio Esercito, ricevette un singolare messaggio dell'«Informatore fantasma» che il nostro esercito chiamava Paolino (Paulìn). Pivko venne incarcerato in Italia e venne salvato solo grazie all’intervento di Pettorelli Lalatta. Quest’anno, fra le numerose iniziative che sono state varate dal Comitato, spicca la “conversazione” pubblica che vedrà protagonisti discendenti e studiosi di personalità all’epoca impegnate nella ricerca della pace, in primis promuovendo la fine del sanguinoso conflitto conosciuto sotto il nome di Grande Guerra: SAIR l’Arciduca Martino d’Austria-Este, nipote dell’ultimo Imperatore d’Austria-Ungheria il Beato Carlo I d’Asburgo, il dott. Due giorni dopo, il critico militare Fabius scriveva su un giornale di Vienna: “La paralisi della nostra difesa nel settore di Carzano offrì agli italiani una rara chance di grande successo.
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